Potreste chiedervi perché parlare di “good therapy” * o buona terapia, ne esiste forse una cattiva? La riposta è si, esiste ogniqualvolta un percorso, un incontro, un’iniziativa o una lettura consigliata dal terapeuta e dal suo staff, invece di aiutare la persona a crescere ed evolvere ottimizzando ed enfatizzando i suoi lati positivi e le sue potenzialità, la imprigiona nella morsa paralizzante del senso di colpa. Per illustrare l’effetto di una buona terapia possiamo riferirci alla procedura del MGSKintsugi **(金継ぎ), un modo di restaurare che utilizza metalli preziosi
Il Kintsugi è un’antico sistema giapponese che crea bellezza dalle rotture della ceramica riempiendo le fratture con oro o argento.
E’ possibile metaforicamente estendere questa abilità dal settore dell’artigianato ad un ambito psicofilosofico.
L’idea di applicare la tecnica del Kintsugi al benessere mentale è molto evocativa, e ben rappresenta quello che si diceva della good therapy, quando si affermava che gli aspetti invalidanti di un individuo e i suoi cambiamenti, grazie alla “cura”, metaforicamente, possono diventare preziosi punti di forza, artistiche linee.
Pregiati tratti e pennellate del tutto peculiari per ogni persona, che ben rappresentano la sua bellezza e unicità nel cambiamento e nella guarigione. Questi tratti preziosi come le “crepe” d’oro, anziché svilire e colpevolizzare il soggetto, aggiungono fascino e forza alla sua personalità.
Un’altra immagine molto evocativa che aiuta ad illustrare il senso di una buona terapia è quella di un viaggio interiore.
Un mio paziente ha affermato : ”Ho trovato in lei una persona che ha saputo ascoltarmi e credere in me, stimolarmi nel modo giusto. E’ stata come la persona che vorreste incontrare in un viaggio transoceanico come passeggera accanto a voi. Non la conoscete, ma vi ritrovate a parlare con lei di tutti gli argomenti che vi stanno più a cuore, e un volo di ore passa in un baleno” (per l’intervistacompleta vedi il canale youtube)
Questo “viaggio interiore” viene anche fatto al di fuori delle pareti convenzionali dello studio. Nel mio approccio, infatti, ho sperimentato con successo esperienze outdoor come il Forest bathing, il “viaggio” nel viaggio (turismo psicologico) o “soffia nelle vele della mente” (in barca a vela), che, come ingredienti di una ricetta opportunamente miscelati, hanno potenziato in maniera esponenziale percorsi di guarigione avviati in studio, dimostrandosi risolutivi.
Alla terapia one – to – one si affiancano percorsi di formazione psicologica per fronteggiare specifiche situazioni come ad esempio, l’elaborazione del lutto, come vivere felicemente anche da single, come vincere dipendenze (affettive, da sostanza, da cibo) – vedi mariagraziaspurio.org per altri esempi.
Nella buona terapia il professionista si avvicina al cliente con curiosità e comprensione, per rielaborare la risposta organizzata dalla sofferenza, senza amputare psicologicamente. Sfortunatamente c’è una tendenza, specialmente negli ambienti di trattamento del modello medico, a vedere le persone come fondamentalmente imperfette.
Quando un terapeuta vede una persona come imperfetta o incapace di cambiare, è più probabile che la persona si senta e diventi imperfetta, e questa non è certo una buona terapia.
I terapeuti che invece danno potere alle persone che si rivolgono a loro per un aiuto, mantengono la convinzione che gli individui hanno la capacità di cambiare e sono dotati delle risorse interiori necessari per trasformarsi.
Concludendo dunque, possiamo asserire che è di fondamentale importanza riferirci ai singoli considerandoli eticamente più grandi della somma delle loro difficoltà.
Ciò non significa che i problemi non esistano, piuttosto che non devono essere considerati rappresentativi della persona .
Le difficoltà che le persone portano in terapia e che vengono spesso etichettati come disturbi, sono in realtà reazioni psicologiche molto organizzate, ordinate e sistemiche.
Quindi, il termine disturbo è inadeguato e fuorviante.
I termini che più o meno consapevolmente scegliamo, del resto, fanno sempre la differenza: le parole mantengono vivo nella mente un passato pieno di sensi di colpa e un futuro denso di paure, oppure aiutano a rivisitare il passato in modo costruttivo, quel tanto che basta per pensare a un futuro di cambiamento e di potenzialità, in altri termini parole che riescono a guarire. **** (Vedi il testo “Il suono della guarigione” e “Il frastuono della farfalla”).
*Il termine “good-therapy” viene utilizzato in questo contesto con un approccio ibero da criteri rigidamente convenzionali , si riferisce cioè alla buona terapia per indicare un percorso efficace e benefico, che rispetta gli standard etici e professionali e promuove al tempo stesso il benessere psicologico del paziente
** Il termine MGSKintsugi è formato dalle iniziali dell’autrice (MGS) e la parola giapponese (金継ぎ) o Kintsukuroi (金繕い).
***Uno dei principi fondanti della Psicoterapia-Breve-Strategica, riguarda la convinzione che il paziente deve essere un fautore attivo del suo cambiamento. Si tratta di un approccio innovativo alla soluzione di problemi e patologie di qualsiasi genere, un intervento rapido e focale che si adatta alla logica non ordinaria del problema, ne rovescia la struttura e la trasforma, mantenendo l’effetto nel tempo. Per fare ciò si avvale di “prescrizioni”, vale a dire esercizi comportamentali e mentali messi a punto per ogni tipo di disturbo e personalità. Invece che ricercare le cause nel passato, il terapeuta si concentra sullo studio della persistenza del problema individuando il funzionamento della “causalità circolare” che lo alimenta, basato sull’interazione tra il tipo di problema e i metodi inefficaci tramite i quali si è tentato nel passato di risolverlo. Questi vanno a creare quello che viene definito un sistema percettivo-reattivo, una modalità ridondante di strutturazione di rigide percezioni e reazioni nei confronti di se stessi, gli altri e il mondo, che diventa acquisita, spontanea ed involontaria. Anche se sembra assurdo, di fronte ad un problema in un dato contesto, l’essere umano tende ad applicare le stesse soluzioni che hanno avuto successo in un altro contesto; quando queste risultano fallimentari, invece che cambiare strategia e tipi di soluzione, sussiste la tendenza ad applicare la stessa strategia più vigorosamente, credendo che “se faccio di più della stessa cosa, funzionerà!” e ignorando il precetto secondo il quale “se continuo a fare ciò che ho sempre fatto, continuerò ad ottenere ciò che ho sempre ottenuto”. Come sosteneva Paul Watzlawick (1974), “le tentate soluzioni diventano effettivamente il problema”. Il cambiamento viene quindi creato agendo sulle tentate soluzioni disfunzionali, costrutto che deriva dagli studi dell’MRI (Mental Research Institute), meglio conosciuto come la Scuola di Palo Alto, famoso istituto della California, fautore di un nuovo approccio alla soluzione dei problemi umani; a questa scuola va il merito di aver iniziato quella che negli anni sessanta diventò una rivoluzione copernicana all’interno del mondo della psicologia, che rappresentò il passaggio da una visione lineare dei problemi (causa-effetto) ad una circolare e sistemica (causa ed effetto sono l’una la causa e l’effetto dell’altro). Le origini dell’approccio strategico passano per l’antica arte ellenica della retorica e in quella degli stratagemmi cinesi, capaci di risolvere problemi apparentemente complicati attraverso l’utilizzo della persuasione e della logica non ordinaria, nonché negli studi sulla comunicazione di Gregory Bateson e nella teoria della pragmatica della comunicazione di Paul Watzlawick; a livello epistemologico l’approccio si orienta sulla scia della corrente filosofica del costruttivismo e della teoria della cibernetica. Il primo articolo riscontrabile in cui appare il termine “strategico” in psicoterapia si può tuttavia ritrovare tra gli scritti riferiti a Milton Erickson, considerato per questo il capostipite dell’approccio strategico in senso allargato. I risultati più importanti e riconosciuti sono stati raggiunti principalmente con i disturbi fobico-ossessivi e con i disturbi alimentari, trattamenti caratterizzati da alti valori di efficacia ed efficienza (87% di casi risolti in una media di 7 sedute). Il modello si pone quindi in una prospettiva che supera le classificazioni nosografiche della psichiatria classica e della psicologia clinica in grado solo di fornire una descrizione dei sintomi delle patologie; l’attenzione viene così tradotta in termini operativi, liberi da etichette e categorizzazioni a priori, connotati dallo studio del funzionamento del problema e della sua alimentazione. Il modello evoluto della Psicoterapia Breve Strategica è il risultato finale di un processo guidato dai modelli della logica matematica che può essere continuamente verificato e provato, per questo la terapia diventa un processo investigativo-interveniente, nel quale ogni intervento e ogni strategia vengono adattati ad ogni singolo caso e ad ogni singolo paziente confermandosi o correggendosi durante la loro applicazione grazie ai feedback, agli effetti e ai risultati delle prescrizioni.
****Secondo la teoria dei sistemi dinamici una variazione può generare un cambiamento da un’altra parte del sistema, anche apparentemente non collegato. Portando questo ragionamento alle sue esterne conseguenze, alcuni sostengono per esempio che il semplice battito d’ali di una farfalla in Cina può influire sul percorso di un uragano dall’altra parte del mondo (Douglas Adams). L'”effetto farfalla” è travolgente e si applica a sistemi anche molto diversi come quello linguistico. Le parole giuste, pronunciate nel momento e nel contesto giusto, possono mettere in moto il trascinante percorso che porta al benessere. La grandezza e il frastuono del cambiamento, attivato da parole, apparentemente piccole rispetto al risultato prodotto, è stato dimostrato attraverso sorprendenti esperienze provenienti dal mondo clinico e da quello della formazione. Questo “potere delle parole” può essere utilizzato per migliorare la propria vita e quella degli altri nel contesto terapeutico. ( vedi “Il Frastuono della Farfalla”)